lunedì 31 agosto 2009

Il bene comune

In un telegiornale, qualche tempo fa, dicevano che il 13 agosto scorso è stato il 50° anniversario della cintura di sicurezza a tre punti a "V", quella che usiamo tutti noi ogni giorno sulle nostre auto e che ha salvato milioni di vite. La notizia in se li per li non mi ha detto nulla di più, ma continuando ad ascoltare, il giornalista spiegava che l'invezione, della Volvo, è stata ritenuta talmente importante per il bene di tutti dalla casa svedese, che ha concesso l'utilizzo del brevetto a tutte le aziende automobilistiche.
Questa cosa mi ha affascinato, e mi sono andato a cercare la notizia sul web, soprattutto per cercare conferma del fatto che il brevetto fosse stato concesso a tutti, e ho trovato questo articolo.
Civiltà di altri tempi. Ammirevoli. Una volta questo senso di appertenenza all'umanità, era radicato nella cultura della gente e lo si vedeva anche in alcuni atteggiamenti comuni. In una delle chiaccherate con un amico (quello che ogni tanto cito in qualche post), lui mi raccontava che, quando era bambino, se un adulto vedeva un ragazzino che si stava comportando male o una situazione di difficoltà, non esitava un attimo a intervenire, perchè intervenire era il bene di tutti anche del suo. Oggi si parla tanto di globalizzazione ma questo senso di appartenenza al mondo e al bene comune non si respira più, e credo che la maggior parte delle persone, di fronte a un ragazizno che sta facendo qualcosa di sbagliato tirerebbe dritto magari limitandosi a criticare (questo succede anche perchè se provi a riprendere un bambino che si comporta male, senza grosse difficoltà potrebbe risponderti "fatti i cazzi tuoi" ma questo è un altro argomento).
Alla stessa maniera le aziende di oggi, o la maggior parte di queste, nelle loro scelte tirano dritto sui loro obbiettivi, il massimo profitto con la minima spesa, senza vedere se ci sono situazioni di difficoltà in cui intervenire. Per esempio tutte le industrie che spostano produzioni in paesi a basso costo, mandando a casa i lavoratori, non potrebbero cercare soluzioni tecnologiche migliori che darebbero più profitto, anche se in tempi più lunghi? Ci guadagnerebbero che il lavoratore che rimane ha un sacco di esperienza, continua a comprare il tuo prodotto e soprattutto può permettersi di comprare il tuo prodotto perchè ha un lavoro. O le aziende che credendo di risparmiare non fanno nulla per la sicurezza nei posti di lavoro. Quando succede un infortunio grave chi ci rimette non sono solo i lavoratori, ma anche, per quanto troppo poco secondo me, l'azienda stessa con multe e rallentamenti dei lavori. Di esempi ce n'è a decine.

Per la cronaca, l'ingegnere della Volvo che ha inventato la cintura di sicurezza a tre punti si chiama Neils Behlin e si dice che in molti lo hanno cercato per ringraziarlo di avergli salvato la vita con la sua invenzione.

venerdì 28 agosto 2009

Il fiammifero

Io, forse ingenuamente, sono uno che tende a fidarsi delgi altri. Quando vado dal dottore mi fido che sa quello che fa e che farà il possibile per guarirmi, quando vado a comprare qualcosa mi fido di quello che mi dice il negoziante. Se mai dovessi aver bisogno di aiuto e chiamo un numero d'emergenza mi fido che loro faranno il prima possibile per aiutarmi. A volte qualcuna di queste piccole fiducie non sono ben appoggiate e siccome io sono come i fiammiferi una volta mi (s)freghi ma la seconda non mi (s)freghi più di solito cambio che si tratti di un negoziante o dottore. Ma se a fregarti è il 118 mi vengono i sudori freddi. Fortunatamente a me personalmente non è successo nulla ma mi sono imbattuto in questa notizia locale. In sostanza una ragazza chiama il 118 perchè il suo compagno sta male, problemi cardiaci, e l'impiegato del 118 cominica a fare domande stupide e a prendere in giro il malato, poi ha mandato l'ambulanza. Tutto questo a Pordenone. Fortunatamente è andato tutto bene, l'ambulanza è arrivata, l'uomo è stato ricoverato, e l'impiegato è in attesa di provvedimenti. Non ho parole. Se penso a quante volte mio nonno, che era cardiopatico anche lui, è stato letteralmente strappato dalla morte da un tempestivo intervento del 118. Se ci fosse capitato un pirla del genere cosa fai? Non c'è un altro 118 da chiamare. A me viene spontaneo questo fidarmi degli altri, e mi piace, però comincio a essere preoccupato perchè a volte quello che sfreghi è l'ultimo fiammifero rimasto.

lunedì 17 agosto 2009

Il potere di decidere

Quando si è in due o più e si deve decidere sul da farsi, una frase pericolosa da cui bisogna stare attenti è "decidi tu, per me è uguale".
Quando mi dicono questa frase i pensieri che mi vengono in mente possono essere tre. Il primo è "figata, facciamo come ho in mente, e non ce n'è per nessuno", il che di solito succede quando ho le idee chiare e ho il forte desiderio di fare qualcosa di particolare con chi è con me in quel momento. Oppure "cazzo non ho idea di cosa fare, aiuto", e in questo caso quando veramente non so cosa fare e potrebbe starmi bene tutto giro la frase "decidi tu per me è uguale" a qualcun'altro. In maniera più paranoica altrimenti potrei pensare "ok saprei benissimo cosa voglio fare ma devo pensare se piace anche a lei/lui/loro". Quest'ultimo tipo di pensiero, mi si è creato con l'esperienza perchè il poter decidere è una gran cosa, ma ti espone a tutte le disapprovazioni, che puntualmente nascono, e che vanno a contrastare con la frase appena sentita "decidi tu, per me è uguale". Queste disapprovazioni non sempre sono costruttive e motivate dalle mie scelte, magari effettivamente non azzeccate, ma, più spesso, nascono dal fatto che chi mi dice "decidi tu" ha già una sua idea in mente su cosa vorrebbe fare e, per chi sa quale motivo, mi da la libertà di decidere, per poi, ovviamente, dissentire. Credo che il lasciare carta bianca in una decisione, in questo caso, è stato come crearsi un'aspettativa poi non esaudita, cioè ti faccio fare ciò che vuoi perchè presumo farai come va bene anche a me, o se non altro perchè spero che farai come va bene a me.
Insomma ho capito che evidentemente quello che penso non è sempre uguale a quello che gli altri pensavano che pensassi (sembra che ho scritto una castronata, ma ho riletto anch'io un paio di volte, ha senso).
Istintivamente dentro di me in questi casi mi innervosisco, ma la mia tendenza a trattenere il nervoso, mantenere la calma, se posso, e trovare una soluzione che vada bene a tutti prende il sopravvento. Magari in un secondo momento esprimo la mia disapprovazione sul fatto che non mi venga detto di fare come voglio se poi non lo si pensa davvero. L'istinto però mi suggerirebbe "che cazzo mi dici di fare come voglio se poi non ti va bene, cazzo! se dico facciamo così perchè a me interessa fare così, e se per te fa uguale non mi venire a rompere le palle e scombinare i programmi. Se c'era qualcosa da dire, o proposta da fare, o me lo dicevi prima o adesso si fa come dico io!"
Sfuriate così per lo più si trovano solo nella mia testa, però il concetto rimane e ovviamente vale anche per me.

sabato 8 agosto 2009

guardare dentro



Quando qualcuno a cui voglio bene, entra nel mio mondo, quel mondo infinito e impalpabile che ognuno di noi ha dentro, ne vede un pezzettino e, per quanto diverso o strambo possa sembrargli, lo rispetta, mi fa sentire stimato e rispettato.
Se poi quel pezzettino gli piace pure, mi da gioia.
Se viene fuori che quel pezzettino del mio mondo interiore appartiene anche al suo, mi pervade un intenso entusiasmo e frizzante felicità.